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  • Immagine del redattoreDott.ssa Karen Avarello

Stress: definizione e sintomi






Diversi sono i modelli teorici dello stress nati nel ventesimo secolo che hanno individuato gli eventi stressanti come dei fattori che possono influire sui sistemi psicologici e sociali di ciascun individuo. Inoltre sono diverse anche le rassegne che riguardano le differenti risposte a tali situazioni e che le associano a modalità specifiche dei singoli individui.

Secondo Selye lo stress è una reazione di adattamento all’ambiente. Egli suggerisce la distinzione tra due forme di stress: una positiva (eustress, dal greco eu: buono) l’altra negativa (distress, dal greco dis: cattivo). Se i livelli di stress sono racchiusi entro certi parametri, la reazione all’ambiente ed alle sue richieste può considerarsi adattiva; in presenza di elevati livelli di stress, invece, si può assistere ad una compromissione delle prestazioni cognitive individuali e quindi delle capacità di risposta allo stimolo stressogeno. Secondo Levi la condizione di eustress si verifica quando la situazione stressante è percepita dall’individuo come sotto il proprio controllo e quindi l’individuo si sente in grado di gestirla. Al contrario, il distress nasce quando si ha la sensazione di non essere in grado di controllare gli eventi esterni e si provano stati d’ansia e di incertezza. In genere, ci troviamo di fronte questa situazione quando la condizione di stress è duratura, quando non si è in grado di controllarla e quando sono presenti diverse stimolazioni negative. (Villani D. Grassi A., Riva G.)

Da questa breve rassegna emerge quindi che gli avvenimenti che provocano distress hanno tre caratteristiche specifiche: sono incontrollabili, percepiti come minacciosi per la salute e non prevedibili.

Altri autori attribuirono molta importanza alla valutazione soggettiva di tali situazioni. Secondo questo punto di vista, lo stress è “un’attivazione dell’organismo in relazione alla valutazione di eventi che sono percepiti dall’individuo stesso come minacciosi per il proprio benessere psicofisico.” Lo stress si configura, in sintesi, come una risposta di adattamento all’ambiente frutto dell’interazione tra le diverse richieste ambientali e le capacità percepite dell’individuo.


Selye distingue tre fasi che descrivono l’evoluzione dello stress: la fase di allarme, durante la quale si hanno delle modificazioni a livello fisiologico (aumento del battito cardiaco, della pressione sanguigna e della tensione muscolare, alterazione del ritmo respiratorio, ecc.); la fase di resistenza, durate la quale l’organismo cerca di adattarsi alla situazione stressante funzionando a ritmo più elevato; la fase di esaurimento, la condizione in cui l’organismo sembra essere incapace di recuperare dagli episodi di stress ed è soggetto a malattie psicosomatiche e a danni irreversibili.


La fase di allarme è quella in cui l’individuo incontra lo stressor ed entra in uno stato di attivazione. Le più tipiche reazioni di fronte a questa situazione sono “fight or flight” ovvero attacco o fuga; l’individuo decide se affrontare lo stimolo in modo attivo, “lottando” oppure scappando. Questa decisione verrà presa sulla base della percezione dell’evento: se l’evento stressante è percepito come eccessivo, la reazione sarà quella di abbandonare e lasciar perdere. Al contrario, se si riesce ad intravedere anche una minima possibilità di successo, è più probabile che si scelga di affrontare il problema.

Durante la fase di resistenza l’organismo è ancora coinvolto in una situazione stressante, ma sviluppa un maggior adattamento allo stimolo grazie anche ad un grande dispendio di energie. Viene prodotto l’ACTH (Adreno Cortico-Tropic Hormone) e diversi ormoni corticosteroidi che contribuiscono al mantenimento dell’attivazione. Nel caso in cui l’evento stressante sia particolarmente intenso, si osserveranno manifestazioni fisiologiche transitorie – come l’ingrossamento delle ghiandole surrenali, ulcere gastrointestinali ecc. – e si cercherà di mantenere il comportamento volto all’obiettivo il più a lungo possibile utilizzando tutte le energie a disposizione. Se riusciremo ad ottenere un buon risultato, la conseguenza sarà di sentirsi stanchi ma soddisfatti. Se non sarà così, la sensazione di stress e frustrazione crescerà configurandosi come distress e, nel caso in cui lo stressor non venga metabolizzato, l’organismo potrebbe andare incontro alla fase successiva, la fase di esaurimento.

La fase di esaurimento rappresenta la fase ultima del circuito dello stress e si raggiunge nel casi in cui lo stimolo stressogeno continua a sollecitare una risposta, o se l’organismo è incapace di ricorrere a modalità di risposta funzionali. Se l’organismo permane in questa fase è possibile incorrere in malattie psicosomatiche o riportare danni irreversibili in quanto, in questo momento, si è maggiormente vulnerabili. In sostanza, se l’esposizione ad un agente stressante è continua e l’attivazione fisiologica dura molto tempo tempo, il rischio è che il sistema immunitario si indebolisca e che il corpo inizi a manifestare sintomatologia psicofisiologicia correlata allo stress che potrebbe dare luogo ad un esaurimento fisico e mentale.


Quali sono le razioni più comuni allo stress?


Le reazioni fisiologiche agli eventi stressanti si traducono in un aumento della produzione di ormoni, della pressione arteriosa e del battito cardiaco, e in modificazioni a livello respiratorio o digestivo. Quando proviamo forti emozioni, che siano piacevoli o spiacevoli, possiamo percepire diverse reazioni fisiche; ad esempio se siamo spaventati il nostro cuore batte all’impazzata o sei siamo felici ci sentiamo pervadere interamente da una sensazione di benessere e leggerezza.

Ciò significa che corpo e mente, in quanto entità interagenti e non separate tra loro, manifestano in modi differenti, ma connessi, ciò che sentono. Se ci pensiamo, anche nel linguaggio comune facciamo spesso riferimento agli stati d’animo utilizzando riferimenti al nostro corpo: diciamo “Ho il cuore in gola”, quando siamo in ansia o agitati; “mi si spezza il cuore” quando ci sentiamo feriti; “ha il cuore duro come la pietra” per indicare una persona che appare fredda distaccata; “mi manca il fiato” quando proviamo un’emozione intensa; “non ho digerito qualcosa” quando non riusciamo ad accettare una cosa accaduta e “ho ingoiato un boccone amaro” se invece dobbiamo accettarla nostro malgrado; “mi rode il fegato” nei casi in cui coviamo rancore , “il sangue va alla testa” se siamo arrabbiati; “ho uno nodo allo stomaco” quando proviamo angoscia, e così via. Si tratta in tutti i casi elencati di espressioni che ricorrono nel nostro linguaggio comune e che non fanno altro che riportare questa connessione mente-corpo.

Le principali funzioni biologiche come il sonno, l’appetito, l’accoppiamento, la fame, sono regolate dal Sistema Nervoso Autonomo (SNA) in cui distinguiamo il Sistema Nervoso Simpatico e Parasimpatico. In condizioni normali il nostro organismo è regolato dall’equilibrio tra Sistema Nervoso Simpatico (la cui attività prevale durante le reazioni di attacco e fuga) e Sistema Nervoso Parasimpatico (la cui attività invece prevale nella fase del sonno e del riposo).

Nel caso dello stato di allarme il nostro cervello stimola la produzione di ormoni come il cortisolo e l’adrenalina ed invia dei segnali che vengono recepiti dal Sistema Nervoso Autonomo il quale attiva il tono simpatico a discapito di quello para simpatico: a livello fisico i muscoli si irrigidiscono, il battito cardiaco accelera, incrementa la sua frequenza del respiro, aumentano la sudorazione e la pressione sanguigna, si secca la gola. Il corpo si prepara alla reazione di attacco e fuga necessaria davanti al pericolo. Queste reazioni fisiologiche sono utili nel caso sia necessario attivarsi fisicamente per affrontare un pericolo ma se non è così, ovvero se pericolo non è reale, ma è connesso ai nostri pensieri e sentimenti, tali reazioni diventano disfunzionali e se sono frequenti e costanti nel tempo possono mettere a rischio la nostra salute e compromettere anche la funzionalità dei nostri organi e apparati.

Se le reazioni allo stress sono prolungate possono portare ad alterazioni biochimiche a lungo andare che provocano malattie psicosomatiche. Secondo Liendemann (2011), i due terzi degli abitanti dei paesi industrializzati su “arrabbiano a morte”, ovvero muoiono per malattie provocate dallo stress.

Oltre alle reazioni fisiologiche sopracitate, ciascun individuo, sottoposto a diversi agenti stressanti, risponde in maniera differente anche da un punto di vista comportamentale. Le reazioni possono, infatti, coinvolgere il nostro organismo a più livelli: comportamentale, psicologico e fisiologico.

Le reazioni comportamentali allo stress maggiormente frequenti sono: l’abuso di alcolici o psicofarmaci, un aumento del consumo del cibo, alterazioni del ritmo sonno/veglia, linguaggio più affrettato. In ambito lavorativo, reazioni comportamentali tipiche possono essere la scarsa produttività, l’assenteismo, la mancanza di motivazione.

Le reazioni psicologiche allo stress fanno riferimento alle reazioni emotive e cognitive che vengono manifestate dall’individuo in relazione alla continua sollecitazione di stressor. Nello specifico, a livello emotivo possiamo sperimentare sensazioni di ansia, collera, depressione, apatia, scarsa fiducia in se stessi, perdita del senso del controllo e sensi di colpa. Anche a livello cognitivo possiamo assistere a cambiamenti come difficoltà di ragionamento, scarsa creatività ed abilità di problem-solving, problemi di memoria.


Per evitare che lo stress abbia un impatto così disastroso sul nostro organismo è auspicabile mitigare e placare gli stati di eccitazione emotiva, prendere le distanze e cambiare atteggiamento verso le situazioni a forte carica emotiva negativa.


Cose fare per gestire lo stress?


Diverse sono le strategie per gestire lo stress, tra queste si annoverano tecniche cognitive, immaginative e psico-corporee come quelle di rilassamento. Un buon percorso guidato da uno specialista del settore, psicologo o psicoterapeuta, può sicuramente fornire gli strumenti per sviluppare consapevolezza di sé e le capacità di affrontare in modo efficace le situazioni stressanti e le emozioni correlate.



Bibliografia


  • Lindemann H. Training Autogeno. Il più diffuso metodo di rilassamento Edizioni Tecniche Nuove 2011

  • Villani D. Grassi A., Riva G Tecnologie emotive - Nuovi Media per migliorare la qualità della vita e ridurre lo stress Edizioni Led 2010




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